mercoledì 20 ottobre 2010

Tre domande da Venezia: Lega Nord, nazifasci e istituzioni. Che fare?


Inserito in Senza categoria da claudio il Aprile 21st, 2009


di Claudio Lazzaro
Ho ricevuto tre domande dagli organizzatori della Giornata Antifascista che il 25 aprile si terrà a Venezia con la partecipazione di molte associazioni: Istituto storico della resistenza e della società contemporanea, Emegency, Anpi, L’apriscatole, S.A.L.E., Luoghi Comuni, Assemblea permanente no mose, L’alternatore, Il Villaggio, Medicina Democratica, Onda, Italia Nostra, Blob Giudecca, Coordinamento contro le grandi navi, Zona Bandita, Il Pulego, Tuttinpiedi, Cobas scuola, SLAI Cobas, Rete degli studenti, Meltin Pot.
Le risposte verranno lette nel corso del dibattito che farà seguito alla proiezione di Nazirock.
Purtroppo non potrò essere a Venezia. Avevo già promesso di andare ad Alghero, dove l’anno scorso, il 25 aprile, il sindaco ha proibito alla banda locale di intonare Bella Ciao. Per rispondere a questo divieto osceno, che dovrebbe sollecitare un’ondata d’indignazione a livello nazionale, quest’anno si festeggierà la Liberazione dai nazifascisti con una proiezione di Nazirock, al cinema Miramare, organizzata dal Cantiere Sociale de l’Alguer.
Allego qui le domande e le risposte. Con un saluto a tutti gli amici di Venezia.
1) Il proliferare in molte città italiane dell’apertura di nuovi sedi di partiti e associazioni di estrema destra, come Casapound a Bologna e Forza Nuova a Bergamo, sono frutto di una sorta di connivenza o di copertura da parte delle istituzioni con tali soggetti?
La connivenza delle istituzioni, ai massimi livelli, è evidente.
Nel film, Nazirock, la connivenza è fotografata, quando vediamo Berlusconi che alla manifestazione del 2 dicembre 2006 a Roma, quella dei “due milioni contro Prodi e la finanziaria”, abbraccia la bandiera della Fiamma Tricolore e tiene al suo fianco il leader di questo movimento neofascista, Luca Romagnoli, lo stesso che in televisione mette in dubbio l’esistenza delle camere a gas, lo stesso che come suo delegato per il nord est ha scelto Piero Puschiavo, fondatore del Veneto Fronte Skinheads, un movimento politico musicale che si ispira a Jan Stuart Donaldson, il quale affermava: “Di Hitler ammiro tutto, tranne una cosa: avere perso”.
Non dimentichiamo mai che questo governo sta cercando di far passare una legge che mette sullo stesso piano quelli che hanno combattuto per la liberazione dal nazifascismo e quegli italiani che invece caricavano gli ebrei nei carri piombati per avviarli ai campi di sterminio.
2) Visto che tu sei stato regista di due dei documentari piu’ completi ed eloquenti in materia, quali punti di contatto e quali differenze ravvisi tra le composizioni neofasciste e le “camicie verdi”?
La Lega Nord ha obbiettivi che sono meno ideologici e molto più concreti: la Lega vuole la secessione dall’Italia. Quando Bossi si è reso conto di non poterla ottenere in tempi brevi, ha scelto una strategia di lungo periodo. Con il federalismo spinto e l’accentuarsi delle autonomie si arriverà a una secessione nei fatti: una parte dell’Italia che viaggia alla velocità dell’Europa occidentale, un’altra che sprofonda nel sottosviluppo, abbandonata al potere delle mafie.
La Lega non a caso si allea con il partito organizzato da Marcello Dell’Utri, condannato per mafia, cioè con la parte politica che preferisce trarre vantaggio dall’alleanza con le mafie piuttosto che combatterle. Non a caso la stessa parte politica che vuole a tutti costi regalare alla mafie il ponte di Messina, da costruire sul territorio in assoluto più sismico in Italia.
Anche se meno ideologica, la Lega nella sua azione politica, nel suo linguaggio, nel suo strumentalizzare le paure dei cittadini, è in sintonia con le formazioni politiche nazifasciste che operano in Italia. Basta osservare la rete di alleanze, a Verona, tra il sindaco leghista Tosi e gli esponenti di Forza Nuova e della Fiamma Tricolore.
3) Come può, la cittadinanza nella sua complessità, tentare di arginare e di combattere tali fenomeni, senza venir strumentalizzati dall’opinione pubblica e ottenendo dei risultati concreti?
Le idee nazifasciste, così come il razzismo e la xenofobia, si combattono con la cultura e con l’informazione.
Noi dobbiamo chiedere con forza che la scuola insegni la storia recente, che sappia mostrare la catastrofe immane che, a causa del nazifascismo, si è abbattuta sull’Italia e sul mondo. Ci sono film, documentari, libri, che mostrano questo orrore. La scuola deve usare questi materiali per fornire ai giovani gli anticorpi, rispetto a ideologie che devono stare nella pattumiera della storia.
Per quanto riguarda l’informazione, in Italia c’è da affrontare una lotta senza quartiere per restituire dignità a un sistema che dovrebbe rappresentare il Quarto Potere e che invece è dominato dalla censura e dalle manipolazioni più incredibilmente spudorate. L’informazione in Italia, soprattutto quella televisiva, è da regime.
Il Partito Democratico continuerà a perdere se non affronterà una volta per tutte questa battaglia, invece di continuare a muoversi nella logica miope e miserabile delle spartizioni. La battaglia per la libertà d’informazione è una battaglia di democrazia. Noi dobbiamo chiedere alla sinistra di unire le forze per affrontare questa battaglia. Questo è quello che possiamo fare.
Poi c’è il problema di sconfiggere l’industria della paura. Fascisti e leghisti usano le paure legittime dei cittadini per aumentare i propri consensi. La globalizzazione, che spazza via le certezze, che mette a confronto la nostra forza lavoro con quella del terzo mondo, che investe le città e i quartieri coi flussi migratori, che accentua i problemi di microcriminalità. La globalizzazione fa paura. Ma offre anche opportunità di sviluppo e di crescita. La globalizzazione va gestita, va spiegata, è il mondo nuovo che irrompe, che niente può fermare, che bisogna governare e capire.
La destra semplifica, usa la paura. La sinistra dovrebbe agire in positivo, spiegare la complessità dei fenomeni, risolvere i problemi concreti della gente e nello stesso tempo tirarci fuori dalla cultura dell’odio, che la destra sta seminando e che porterà disastri.
Il compito della sinistra è più difficile. Ma per affrontarlo c’è un solo modo: stare in mezzo a quelli che hanno i problemi e che li vivono sulla propria pelle. La sinistra non può limitarsi a pontificare dal salotto televisivo, deve stare nei quartieri dove si soffrono i problemi creati dall’immigrazione, deve trovare un linguaggio per farsi capire da quelli che potrebbero cadere nelle trappole demagogiche delle semplificazioni leghiste.
La sinistra deve essere unita, ritrovare un’identità condivisa, un nucleo di valori semplici e forti, ma soprattutto deve tornare a piantare le sue radici là dove sono i problemi, nelle fabbriche, nei quartieri degradati, tra i precari e gli sfruttati. Gente che aspetta parole semplici, chiare, comprensibili. E azioni coerenti con queste parole.

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