mercoledì 20 ottobre 2010

INTERVISTA PUBBLICATA DAL SITO www.vitadidonna.org Aria di fascismo, quanto c’è di vero?


Inserito in Nazirock da claudio il Settembre 11th, 2008
mercoledì 10 settembre 2008
Non si placa l’eco della dichiarazioni rilasciate da Alemanno in occasione della celebrazione dell’8 settembre su fascismo e leggi razziali. L’intervista a Claudio Lazzaro, autore di Nazirock, il film che documenta il clima all’interno degli ambienti più estremi della destra italiana
di ELISABETTA CANITANO
Claudio Lazzaro
Claudio Lazzaro
Gentile Claudio Lazzaro, lei è l’autore di un documentario sulle nuove forme di aggregazione dell’estrema destra giovanile, intitolato “nazirock” , che ha avuto spesso problemi di proiezione per le minacce di violenza da parte di tali gruppi. In una sua recente intervista, però lei mette in guardia dal rischio costituito dalla “latenza interna di fascismo “, più che dai fascismi e dai nazismi folkloristici. Può approfondire meglio questo concetto?
La storia non si ripete nelle stesse identiche forme. Ci sono però elementi fondamentali del comportamento umano che tendono a riproporsi ciclicamente, anche se in forme apparentemente diverse. Quindi è improbabile che il fascismo o il nazismo come li abbiamo conosciuti tornino al potere, mentre è possibile e direi estremamente probabile che si ripresentino alla ribalta della storia in altre forme.
Prendiamo in considerazione alcuni elementi costitutivi di un regime fascista. Limitazioni alla libertà d’informazione e al diritto di voto. Culto della personalità e manipolazione delle masse attraverso i mezzi d’informazione. Società divisa in gerarchie di matrice ereditaria o clientelare con scarse possibilità di miglioramento sociale per le classi subalterne. Amministrazione delle giustizia che favorisce i ceti dominanti. Impunità per i vertici dello Stato e della casta politica. Uso della violenza (anche se in modo indiretto, attraverso organizzazioni criminali e clandestine) per mantenere il controllo politico. Ecco, probabilmente sto dimenticando qualcosa, ma tutti questi elementi noi li troviamo oggi nella società italiana.
Umberto Galimberti scrive, nel suo “La casa di psiche”, che, nella società della tecnica, la nostra società moderna, è inferiore chi non è adattato, quindi “essere se stesso” e non rinunciare alla specificità della propria identità è una patologia. Chi si adatta però, e diventa uguale agli altri, perde l’anima, secondo il filosofo, e, noi vorremmo dire, scivola in uno stato primitivo dello spirito. Secondo lei è possibile un collegamento fra queste due cose ? E’ possibile, in altri termini, che il pensare conformista sia ciò che spiana la strada per il fascismo interno?
Il conformismo è una componente delle società fasciste: è il conformismo di chi si sente rassicurato dall’esistenza di una regola, da un insieme di precetti e di slogan, del tipo “Dio, Patria, Famiglia”, o quant’altro. Ma se guardiamo, nella storia dei fascismi, alle storie dei capi, vediamo che per loro è diverso: i capi spesso sono trasgressivi e devianti, i primi a non credere nei precetti che vanno sbandierando. Sono disadattati che riescono a diventare dominanti e a mantenere il loro dominio anche attraverso cinismi e ipocrisie.
Se io le dico le seguenti frasi, raccolte tutti i giorni nella nostra città, suddivise per argomento:
Giustizia - “Bisognerebbe metterli in prigione, e buttare la chiave, ormai escono tutti”
Scuola - “E’ ora che si ricominci a bocciare, oramai promuovono tutti”;
Immigrati - “Vengono a fare i padroni in casa nostra, fanno il comodo loro”;
Lavoro - “Bisogna rimettere in moto l’economia, così tutti staremo meglio, meno veti sindacali, e vedi come va meglio”;
Politica - “Tanto è tutto un magna magna” ( che a me ricorda il vecchio “la politica è una cosa sporca”, di mia nonna).
Lei pensa che le dica solo chi vota a destra, i cosiddetti benpensanti, o il popolo della sinistra in moltissimi casi recita anch’esso queste frasi come un mantra, senza riflettere, omologandosi?
Ciò che accomuna queste frasi è che sono frasi fatte, luoghi comuni. Come tali scoraggiano l’approfondimento, la capacità di distinguere ciò che può essere vero e ciò che invece è falso nell’affermazione convenzionale. Tenga conto che oggi, se non si ragiona in modo approfondito, può essere luogo comune anche definirsi di destra o di sinistra. Non per qualunquismo, ma perché esiste un modo poco approfondito, o volte semplicemente stupido e conformista, di collocarsi a destra o a sinistra. Credo che oggi più che mai si debba cominciare a ragionare col proprio cervello su quali siano i problemi e su come risolverli.
Secondo lei, possono trovare una spiegazione, in quest’ottica, i 65.000 voti disgiunti, a Roma, Zingaretti/Alemanno, o erano solo un dispetto a Rutelli?
Non ho riscontri, posso solo dirle una mia impressione. Secondo me la scelta del candidato Rutelli è stata scontata e di scarso impatto sul piano mediatico. La sua campagna elettorale è stata condotta con scarsa grinta, nessuna efficacia e nessuna idea. Alemanno ha finito col rappresentare, mediaticamente, il nuovo. Al di là della sostanza (secondo me Rutelli è stato un buon sindaco) giocano elementi irrazionali: nessuno ha voglia di rivedere sempre lo stesso film. Ci vogliono novità, facce nuove, aria fresca. Non aria fritta (come candidare le bellocce alla Madia).
E’ possibile che il martellamento di arretratezza e ignoranza diffuso dalla televisione in questi anni abbia contribuito a livellare il sentire collettivo, data la difficoltà di pensare contro corrente?
Più che possibile. E’ una certezza. Berlusconi ha formato i suoi elettori in 15 anni con le sue televisioni. La televisione pubblica invece di contrastare la visione berlusconiana del mondo l’ha assecondata, per fare audience e mantenere i livelli occupazionali di un ente pubblico parassitario (in Rai lavorano ottimi professionisti, ma sono troppi quelli che si limitano a incassare lo stipendio)
Noi sappiamo da sempre che la destra batte sui temi della sicurezza non attraverso la prevenzione, che sono la giustizia sociale, la scolarizzazione, la ridistribuzione del reddito, ma attraverso la punizione (il carcere come deterrente punitivo e non come luogo di riabilitazione del cittadino), e la militarizzazione della società. L’allarme continuo sulla pedofilia, e sui rom e, dall’altra parte il blocco dei processi richiesto dall’attuale premier, la sospetta corruzione di Storace e dei suoi durante il loro governo della Regione Lazio (laRepubblica 10 agosto 2007), lei pensa che possa ricordare il misto di richiesta di giustizia a parole e corruzione perenne che esisteva nel ventennio fascista, in Italia?
Il fascismo è il regno della contraddizione. Esiste un fascismo cosiddetto sociale, in cui Storace ama collocarsi, che guarda con attenzione alle classi subalterne. Mussolini ha fatto buone case popolari. Hitler era attento alla condizione dei lavoratori. Purtroppo i costi del sociale, nelle ideologie nazifasciste dovevano ricadere sui popoli e sulle “razze” più deboli. Quindi guerre e distruzione per sottomettere le nazioni confinanti, per non parlare degli orrori della Shoah: un popolo depredato di tutto e, per la prima volta nella storia, il metodo scientifico e industriale applicato allo sterminio
L’antipolitica, c’entra, secondo lei, con il fascismo, o no?
C’entra, se per antipolitica intendiamo la rinuncia dei cittadini a fare politica e la consegna di una delega in bianco al leader carismatico. Se invece l’antipolitica è quella cosa che in tempi recentissimi tutta la destra e una parte della sinistra hanno stigmatizzato nel prendere le distanze da girotondini, grillini, Di Pietro, Travaglio, Furio Colombo, Paolo Flores D’Arcais e altri che non si rassegnano alla logica clientelare partitica e mafiosa della casta e degli inciuci, beh allora direi che l’antipolitica è politica, l’unica ancora praticabile: cioè l’unica forma di partecipazione del cittadino alla cosa pubblica che ancora si possa tentare
Hitler inscenò un finto attacco polacco per invadere la Polonia, nel 1939, e tutta la comunicazione nazifascista era un ribaltamento dalla posizione di aggressione a quella di vittima. Trova delle somiglianze in questo ribaltamento di comunicazione ai nostri giorni?
La guerra in Iraq, senza per questo lasciarsi tentare da confronti impropri e fuorvianti tra Stati Uniti e Germania Nazista
La politica della paura è, secondo molti analisti politici, una delle armi migliori per aiutare la destra a prendere il potere con l’appoggio del popolo. Lei è d’accordo?
Si, ma bisogna anche ricordare che le paure sono reali. Per chi non ha strumenti culturali e preparazione professionale, la globalizzazione è una brutta bestia, che fa molta paura. Si possono dare strumenti per superare la paura, oppure la si utilizza per governare, canalizzando l’aggressività sul “nemico” a portata di mano
Secondo lei le gerarchie della Chiesa cattolica sono coinvolte in questo processo di comunicazione di massa? Hanno un guadagno da ricercare?
La Chiesa cattolica è una gerarchia di potere. Come tale tende ad auto conservarsi e a fare alleanze con chi può garantire economicamente questa conservazione. Lo ha fatto col fascismo e lo fa anche oggi. Peccato perché la Chiesa, e lo dico da laico, potrebbe fare molte buone cose nel mondo e soprattutto in Italia. Pensate se il Papa decidesse di evangelizzare Mafia, Camorra e ‘Ndrangheta, se passasse metà del suo tempo alle Vele di Napoli, o in Calabria o a Trapani, a Gela, spiegando che non bisogna uccidere, che non bisogna rubare, che ai mafiosi non deve essere concesso di prendere parte alle processioni religiose. Sarebbe bello, invece sono proprio i mafiosi, per ragioni prestigio, in tanti paesi del sud, a reggere la croce nelle processioni.
10 settembre 2008

Nessun commento: